Tre giorni di traversate
Sono le 6:00 di venerdì mattina, quando il gruppo si raduna di fronte al cimitero di Suna; il capogita Marco Bric, l’esperto Massimo, l’indispensabile Cristiana, poi Max, Carlino, Marco Bizzo, Fabio, Giamma, Giuso; i giovanissimi Walter e Lello, con la dolce Mumi, validi allievi del corso SA1. Alcuni han dormito poco, ma l’entusiasmo prevale sulla stanchezza: si fanno gli equipaggi e si parte. Fabio passerà a prendere Ugo, in arrivo da Novara; ci si ritroverà per un veloce caffè a Baceno e via. A Riale si smistano attrezzature e provviste necessarie per i prossimi giorni e subito si parte. La prima tappa ha un grande sviluppo: si costeggia il lago di Morasco e, saliti sopra il lago dei Sabbioni, se ne discendono le rive fino a incrociarne la superficie ghiacciata (molto bassa quest’anno) e navigarla per tutta la sua lunghezza. Alla fine del lago si riprende a salire agilmente fino al passo dei Sabbioni; i più avidi di cime da mettere in carniere, proseguono sulla sinistra e salgono fino in vetta alla Punta dei Sabbioni. Strette di mano e foto di rito, poi si torna lestamente al passo, per trovare il capogita Marco, che con Giamma, nel frattempo, ha intagliato la cornice di neve e ha posto una sicura, per consentire il passaggio degli sciatori.
Bella neve nel ripido e vario pendio che conduce verso Binn, ma il gruppo procede guardingo per non rischiare di trovarsi troppo in basso e dover penare troppo per raggiungere il rifugio Binntalhutte, ove arriveremo, infatti, dopo una breve “ripellata”, che ci fa portare a 1.600 m il dislivello giornaliero, con oltre 20 km di sviluppo.
Siamo soli, nella capanna, a parte una coppia di svizzeri, che si riveleranno timidi, ma cordiali.
Si organizzano le cuccette nei cameroni e poi tutti si danno da fare, chi accende le stufe, chi raccoglie neve da fondere, chi cucina, chi apparecchia… Il geniale Giamma trova in extremis (era già buio) a) l’interruttore nascosto che consente di accendere le luci e b) lo scaffale delle birre! La serata volge così, improvvisamente, in una festa. Come aperitivo consumeremo voracemente salumi, simmenthal e ogni altro avanzo di quanto portato lassù. Il piatto forte, però, sono i fusilli alla puttanesca di Cristiana, di cui offriamo due porzioni agli svizzeri; subito pentendocene, tanto erano buoni.
La serata è stata lunga ma il mattino dopo possiamo anche indugiare: la seconda tappa è assai meno dura e prevede, dopo una breve salita, di varcare il passo di Valdeserta. Le roccette affioranti obbligano a un breve portage, poi una lieve discesa, che alcuni affrontano senza togliere le pelli di foca, e si giunge nella conca del ghiacciaio (ormai ridottissimo). Da lì si risale verso il Mittelbergpass, ammirando l’affilatissima guglia della Punta di Valdeserta, che giunti al Passo, saliremo a piedi con i ramponi, dal lato SO, assai più agevole. 13 persone in una cima così sottile stanno a fatica: ci si deve muovere con attenzione e anche le foto di vetta sono più complicate del solito.
Ma presto si torna al Passo, si inforcano gli sci e comincia la discesa verso Codelago. Gli ampi pendii della Valdeserta conducono poi, su bella neve, al tratto finale nella gola boscosa che porta al lago. Anche il lago Devero viene “navigato” dagli scialpinisti fondisti a cui, giunti alla diga per un breve portage, non resta che una veloce sparata sulla stradina ghiacciata fino alla “Baita” di Crampiolo. Qui ci trattiamo da gran signori, con letti, acqua corrente e tutti gli agi della vita moderna. Oggi abbiamo finito presto con lo sci e allora il pomeriggio passa tra due/tre merende, tornei di scopa e riposini, fino all’ora dell’ottima e abbondante cena offerta dalla locanda.
Ma domani, lo sappiamo, sarà lunga: i capogita hanno valutato le condizioni (della neve e del gruppo) ottimali per introdurre una succosa variante: invece di passare in Formazza dalla Scatta Minoia, faremo il Passo Marani, per conquistare la vetta dell’Arbola e poi scendere verso Riale. Così faremo: giunti su un pianoro sopra l’Alpe Forni, si cambia assetto e, con piccozza ramponi, si passa la breve cengia che conduce ai più facili pendii che poi ci condurranno in vetta. Marco e Giamma sono andati avanti e hanno predisposto le corde fisse e le sicure per consentire a tutti il passaggio in sicurezza. Non manca più molto e sci ai piedi giungiamo rapidi in vetta, accolti dal solito vento glaciale. Quando è il momento di ripartire, a Carlo si ghiaccia lo snodo dello scarpone. Per fortuna l’ineffabile Giamma ha ancora del tè e gli scioglie il problema; l’alternativa sarebbe stata obbligata e meno gradevole..
E allora si scende, mezzi congelati; ma subito ci ripigliamo, perché la neve e i pendii ci fanno divertire assai. Anche oggi tocca fare attenzione a non abbassarsi troppo, ma già lo sappiamo cosa ci aspetta. E infatti, poco sopra il Lago Sruer, ci fermiamo, mangiamo le ultime barrette rimaste e ci facciamo coraggio: dai calcoli dovrebbe trattarsi di soli 250 m. e infatti, dopo una breve marcia, siamo al Passo di Nefelgiù. Assaporiamo il momento, Lello offre gli ultimi cinque/sei tramezzini ai compagni affamati, si cambia assetto e si parte per l’ultima discesa. Non siamo più in 13, perché Marco Bric ha deciso di accompagnare Mumi, un po’ stanca, direttamente a Valdo; anche Max e Marco Bizzo, convelescenti, hanno ritenuto di accorciare il percorso.
I superstiti planano rapidi su Riale; il finale è un single trak di ski cross che va a finire sulla pista di fondo, ad alcune centinaia di metri dalle macchine. Chi in tecnica classica, chi in pattinato, il rush finale vede comunque un fotofinish tra Walter e Lello. È davvero finita: meno stanchi di quanto si temeva, ma assai più soddisfatti, ci cambiamo, dando finalmente conforto ai piedi piagati da tre giorni con gli scarponi.
Scesi a Valdo raccogliamo Marco e Mumi, nonché Marco Bizzo e Max, satolli di fettuccine ai funghi. Si riparte per un’imperdibile sosta finale al Fattorini di Baceno. Veloce merenda e questa volta i saluti e i complimenti reciproci sono quelli finali.
Grazie a tutti, ma soprattutto a chi ha organizzato e pianificato.