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25
Nov
2024

REPORT UNA SETTIMANA NEL SELVAGGIO BLU – 19/26 OTTOBRE

UNA SETTIMANA NEL SELVAGGIO BLU

Sono le 6:00 del mattino e gli allegri gitanti si riuniscono. Ecco Anna e Sara, Carmelo e Franco (detto Cecco), Loredana e Simone, Rocco, Giovanni, Beatrice e Bob. Compattate le auto ci avviamo in direzione dell’aeroporto di Linate. Al parcheggio troviamo Gabriele e Anna provenienti in autonomia da Milano (da qui in poi detta AnnaBusto, per distinguerla dalla nostra Anna – Past First Lady -).

 

Giungiamo a Cagliari dove ci attende Bruno con due pulmini per condurci a Santa Maria Navarrese, luogo di partenza del trekking. Il tempo è uggioso, e lungo il tragitto la pioggia aumenta, ma fortunatamente all’arrivo al grazioso porticciolo di S. Maria la pioggia è cessata, anche se il sole resta ben nascosto.

Il programma prevede l’incontro con l’equipe di Explorando Supramonte nel tardo pomeriggio, quindi, andiamo subito a testare le specialità locali nel vicino ristorante, che ben ci rifocilla e ben ci mesce abbondanti vino e mirto, bevande delle quali faremo un largo consumo durante tutto il trekking.

Verificati i materiali mancanti carichiamo i fuoristrada dei nostri bagagli e veniamo condotti in località Ginnirco (più precisamente “Us Piggius”), presso un pastore che ci ospita nel suo ovile. Si tratta di una struttura con basamento circolare, le cui pareti sono formate da un intreccio di rami di ginepro (varietà molto abbondante nella zona) che convergono dalla base alla sommità in modo simile ad una tipica tenda degli indiani d’America. All’interno di questo particolarissimo riparo è stato ricavato anche un soppalco, così che possiamo attrezzarci per la notte in almeno 10 persone. Gli altri dormiranno nella struttura adiacente che altri non è che la sala da pranzo con l’annessa cucina, questa in normale muratura….

La cena è squisita ed abbondante, e i racconti dei pastori e soprattutto di Mario, l’uomo “faro” della logistica, sono carichi di suggestione. La prima notte evidenzia subito chi sono i soggetti che le notti seguenti saranno da isolare, a causa dell’esagerato russare.

 

Dopo una notte (per alcuni insonne), facciamo colazione e ci prepariamo per la partenza “vera” del trekking. Le condizioni meteo al mattino sono discrete, ma le previsioni per il resto della giornata non sono favorevoli. Proprio per l’incertezza meteo e per le condizioni del mare, la cooperativa decide di attuare alcune varianti al piano originale. Il problema principale è il mare, che, quando è particolarmente agitato, impedisce di sbarcare i materiali, i bagagli e gli approvvigionamenti nelle spiagge deputate al pernotto.

Le variazioni si rifletteranno anche nei giorni successivi, ma soltanto invertendo la sequenza delle tappe, che saranno tutte svolte.

Si parte dunque zaino in spalla in direzione della spiaggia di Portu Pedrosu, seguendo un itinerario accorciato perché non faremo il pernotto alla spiaggia. Dall’ovile si comincia in leggera ma costante salita su una comoda trattorabile; a tratti spunta il sole, e quando si palesa si capisce che è ancora “cattivo”. Ci addentriamo in un bosco ed iniziamo la lunga discesa che ci conduce alla spiaggia. Qui scopriamo ciò che sarà fattor comune di gran parte delle tappe, ossia un particolare terreno calcareo, molto appuntito e tagliente che, quando è bagnato, diventa una saponetta. Questo ci fa capire che non ci devono ingannare le relativamente brevi distanze delle tappe così come i modesti dislivelli: procedere su questo tipo di terreno è faticoso e lento, e nei tratti di discesa più ripidi richiede una estrema attenzione.

Giungiamo alla spiaggia dove sostiamo per un veloce spuntino e qualcuno non resiste alla tentazione di entrare in acqua, pur soltanto con i piedi.

Ripartiamo velocemente perché come previsto il meteo peggiora. Il sentiero ora sarà tutto in salita perché dobbiamo riguadagnare la quota sul versante opposto della valle in modo equivalente a quella persa scendendo. Visitiamo una grotta utilizzata dai pastori come ricovero che ha la particolarità di avere un pavimento in assito formato dai resti di una nave affondata nella baia sottostante, recuperate dai pastori. Le previsioni meteo ci hanno azzeccato ed infatti non passa mezz’ora che comincia a piovere. Si tratta di una pioggia leggera, ma comunque abbastanza fastidiosa. Si formano inoltre banchi di nuvole basse, che lambiscono le cime appena sopra di noi e che ci tolgono la visuale. Il gruppo è silenzioso e la progressione abbastanza veloce. Fortunatamente dopo un paio d’ore la pioggia cessa e da lì a poco intravediamo l’arrivo della 1° tappa a Su Purteddu nei pressi di Cala Goloritzé (che doveva invece essere l’arrivo della 2° tappa). La logistica ci farà pernottare in un campeggio dove potremo anche sfruttarne le comode docce.

Troviamo i nostri bagagli che sono stati recapitati con i fuoristrada insieme alle tende e ad un BIDONE BLU che scopriamo contenere una quantità di birre fresche, vino, mirto, grappa ed altre bevande. Il miracoloso contenuto ci rallegra assai ed immediatamente ci prodighiamo per svuotarlo con dedizione. Il BIDONE BLU sarà, nei giorni seguenti, atteso alla fine di ogni tappa con grande trepidazione.

Attrezziamo le tende (a 5 superfortunati è stato assegnato un bungalow con letti), e i ragazzi della logistica allestiscono la cena preparando la griglia sulla quale ci cucineranno delle squisite orate fresche. Vino, mirto, caprino e pane carasau saranno spazzolati con grande voracità.

 

La mattina seguente, dopo la colazione allestita presso il bar del campeggio, smontiamo le tende e approntiamo i bagagli, veniamo prelevati dai fuoristrada che ci conducono vicino ad un sentiero dove inizia la seconda tappa. Nuovamente per terreno calcareo ma non difficile contorniamo un lungo “canyon”. Il nostro accompagnatore ci spiega che i sentieri che percorriamo sono quelli usati dai pastori nel corso dei secoli, e che la particolare morfologia della zona prevedeva lunghi spostamenti perché non c’era, e non c’è, alcun modo di “tagliare” il canyon per accorciare il percorso, ma bisogna necessariamente percorrerlo fino al mare (quasi sempre) per poi risalirne l’altro lato. Notiamo moltissime grotte e ci viene detto che si stima che nella sola zona di Baunei ce ne siano almeno 3.500 conosciute, ed un numero imprecisato ancora inesplorate. Oggi ci accompagna anche Federico, la guida alpina, perché finalmente cominceremo a fare le attese “calate”. Difatti, poco dopo ecco la prima calata dove la nostra brava guida ci fa scendere con sicurezza. Il gruppo ben si comporta e anche chi non aveva ancora avuto questa esperienza se la cava più che egregiamente. Ne incontreremo ancora tre, di cui l’ultima, la più entusiasmante, ci deposita direttamente alla Grotta del Fico, meta finale della giornata.

La grotta è un luogo particolarmente suggestivo: si trova ad una cinquantina di metri sopra il livello del mare sulla scogliera. Dal mare è raggiungibile mediante una scalinata metallica appositamente costruita, mentre dalla sommità si può arrivare solo con una calata in corda. La grotta è in concessione unica alla nostra cooperativa anche per i visitatori “esterni” al Selvaggio Blu (migliaia durante l’estate), quindi, l’utilizzo come gruppo trekking è un privilegio riservato soltanto a chi si affida a loro. All’esterno dell’ingresso è stato allestito un terrazzo con un tavolo, delle panche e un angolo per cucinare. Ai lati della scalinata che conduce all’ingresso sono state ricavate delle panche in legno che alcuni di noi utilizzeranno per dormire, invece di montare la tenda. Gli altri, per la notte, monteranno invece le tende dentro la grotta: un riposo estremamente suggestivo. Sfruttiamo l’approdo in fondo alla scala metallica per un bagnetto rinfrescante (il sole non c’è e l’aria non è propriamente calda…), e poi ci dedichiamo con cura al BIDONE BLU!!

In attesa della cena la logistica ci offre uno straordinario tour guidato della grotta, dove possiamo ammirare stalattiti e stalagmiti ed un curioso laghetto che si forma per effetto dell’infiltrazione delle piogge dalla volta. Il curioso nome “del fico” deriva dal fatto che l’ingresso della grotta era celato da una grande pianta di fico che ne occultava la vista, e solo una sessantina di anni fa il primo scopritore se ne avvide arrivandoci via mare. Oggi ne rimane soltanto una piccola piantina in un angolo dell’ingresso, sopra la volta.

La cena è come di consueto abbondante e deliziosa, e la serata prosegue in allegria.

 

Ci svegliamo ben riposati (tranne il capogita che ha dovuto lottare con il maledetto materassino che si sgonfiava lentamente ma inesorabilmente, probabilmente per un difetto alle valvole) e facciamo colazione, poi ci prepariamo per la partenza. Il campo base non viene smontato perché il cambio di percorso prevede che alla sera torneremo alla grotta. Questo ci rende particolarmente felici sia perché eviteremo di smontare e rimontare le tende, sia perché il luogo è veramente affascinante ed infatti Rocco, evidentemente ispirato dal luogo, scrive i seguenti versi (che doneremo anche alla cooperativa):

 

Il sogno della stalagmite

Oscurità e silenzio nelle grotte

regnavano da tempi immemorabili

su spazi muti, ciechi e sotterranei

che avevano sconfitto il dì e la notte.

Sulla volta che mai conobbe stelle,

crescendo lenta, impercettibilmente,

tremula trasudò dentro al presente

di quell’eternità la prima stilla.

Si narra che, ma s’è perduto quando,

crescendo come il corpo di una donna,

per eoni trascorsi percolando,

dall’alto si formasse in stalattite;

in quel sogno calcareo già colonna,

mia concrezione di gioie proibite.

 

Arriva la barca con Nicola, la nuova guida e ci prepariamo a salire quando invece riparte senza di noi. Perplessi chiediamo quale sia il programma e immediatamente scopriamo che la tappa inizia proprio sulla scogliera!! Infatti, la guida ci invita a seguirlo lungo le taglienti rocce in un percorso che diventa via via più intrigante. Egli disporrà una corda di sicurezza nei tratti più impegnativi a picco sul mare. Il percorso di salita culmina in una grande grotta che ha l’uscita sull’altro lato della scogliera. Questa volta in discesa giungiamo ad un terrazzino dal quale parte un sentiero che si inerpica per la montagna su terreno nuovamente calcareo, dove ci sono da superare alcuni tratti di arrampicata vera e propria con un grado di difficoltà tuttavia abbastanza semplice. In questo percorso affronteremo altre due calate, poi su un bel sentiero facile e morbido arriviamo ad affacciarci direttamente sulla spiaggia di Cala Biriala sottostante una cinquantina di metri. L’ultima calata è spettacolare perché, oltre ad essere probabilmente la più lunga, ci porta direttamente in spiaggia. Il tempo è incerto, ma non per questo rinunciamo ad un buon bagno di mare, ma mentre stiamo allegramente schiamazzando ecco che inizia a piovere, così usciamo rapidamente dall’acqua per correre a mettere al riparo indumenti, scarpe e zaini che erano rimasti sparpagliati in spiaggia. Poco dopo ecco arrivare la barca che ci preleva direttamente in spiaggia per portarci nuovamente alla Grotta del Fico dove troviamo ad attenderci il nostro caro BIDONE BLU. Qui consumeremo la solita eccellente ed abbondante cena.

 

Alla mattina dobbiamo smantellare il “campo base” perché è stata l’ultima notte in grotta. Dopo la colazione ecco arrivare le nostre guide che ci fanno salire sulla barca che ci porterà alla spiaggia di Cala Biriala, dove eravamo giunti il giorno precedente. Una volta sbarcati ci incamminiamo su un bel sentiero che sale rapidamente fino ad incontrare una zona boscosa. Da lì seguiremo un lungo sentiero, più agevole di quelli dei giorni precedenti, tranne in alcuni punti molto ripidi dove è necessario porre la dovuta attenzione per non scivolare (e per non finire direttamente in mare, cento metri più sotto…). Attraverseremo un fronte franoso molto esteso e volgendo lo sguardo sulla parete incombente notiamo che si è letteralmente staccata dalla montagna una fetta colossale di parete di cui una parte enorme è rimasta lì, leggermente staccata dalla sua originale posizione, mentre il resto è precipitato verso il mare determinando il fronte franoso che stiamo attraversando. Superato questo tratto ci aspettano altre tre divertentissime calate. I panorami che si stagliano dal nostro punto di osservazione sono impagabili, il mare blu sotto di noi, con le numerose calette e le piccole spiagge sono una vista deliziosa. Dopo l’ultima calata, con poco più di 10 minuti di cammino arriviamo alla spiaggia di Cala Sisine, dove approfittiamo per fare l’ennesimo bagnetto, in attesa dell’arrivo dei rifornimenti (si legga il leggendario BIDONE BLU!!!).

Il pernotto è allestito presso una struttura distante qualche minuto a piedi dalla spiaggia: si tratta di un ristorante con annesse piazzole per le tende e comodissime e calde docce!! La cena è succulenta, con portate di pesce giganti e buonissime, vino a profusione e mirto in abbondanza. La serata prosegue in allegria (qualcuno torna alla spiaggia per il bicchiere della staffa in riva al mare…).

 

Anche questo luogo resterà allestito per il giorno seguente, e sarà il punto di partenza per la prossima tappa. La mattina la barca ci porterà a Cala Goloritzé dove affrontiamo subito una partenza ambiziosa perché dobbiamo risalire un fronte roccioso esteso, dove la guida ha posizionato delle corde di sicurezza, visto che l’umidità ha reso più scivoloso il percorso. Passato senza problemi questo primo ostacolo proseguiamo su sentiero piuttosto delicato, per via della ridotta larghezza e della pendenza davvero importante in alcuni tratti della discesa. Sono state infatti posizionate corde fisse che aiutano la progressione, ma l’attenzione resta alta. Arriviamo infine alla spettacolare via ferrata che consente di superare una bastionata a picco sul mare. L’attacco della via è a perpendicolo sul mare e l’appoggio per i piedi è un semplice ramo di ginepro ancorato alla roccia largo non più di 10 centimetri. Superato questo appoggio la via sale verticale per un divertentissimo camino, fino a sbucare su un bosco dove riparte il sentiero normale. Gli allegri gitanti superano con brillantezza questo tratto di percorso, con grande merito per chi, come Sara, non aveva mai fatto una via ferrata. Il sentiero ora prosegue molto più facilmente e dopo l’ennesima calata, scende verso il mare dove arriviamo a Cala Mariolu, graziosa spiaggetta (ma quale non lo è ??), purtroppo con grande sorpresa piena di altra gente!!!

Qualcuno ardisce un bagnetto, altri si riposano comodamente sdraiati in attesa della barca che ci preleverà per riportarci a Cala Sisine, dove faremo una lunga dormitina prima di tornare al ristorante/campeggio.

La cena è nuovamente squisita ed abbondante. Arriverà inoltre in serata un altro nutrito e chiassoso gruppo che si prodigherà in canti e lazzi fino ad una certa ora.

 

Il mattino successivo dobbiamo smontare (per l’ultima volta) il campo. Arrivano i fuoristrada che ci prelevano e ci riportano a Us Piggius, ossia all’ovile dove abbiamo dormito la prima notte. Il viaggio è lungo, più di due ore, e attraversa prima il lungo canyon al cui termine c’è la spiaggia di Cala Sisine, poi si inerpica sull’altopiano del Golgo. Giunti all’ovile, imbocchiamo il sentiero che sarà per la prima parte tutto in discesa. Raggiungiamo infatti la località di Pedra Longa (quasi sul mare), dove ci fermiamo per il pranzo, poi per un nuovo sentiero che contorna il litorale, mantenendosi ad una quota di 70/80 mt sul mare, arriviamo a Santa Maria Navarrese nel primo pomeriggio. Questo sentiero è il più facile di tutto il trekking ed anche il più panoramico poiché si è sempre su terreno aperto sul mare. Noi l’abbiamo fatto al contrario rispetto ai programmi standard (ossia in discesa e per ultimo), che prevedono invece che questa sia la prima tappa e ovviamente in salita. Birra di rito al bar del porto, poi restituiamo il materiale e veniamo accompagnati negli appartamenti dove pernotteremo per l’ultima notte. Il programma si conclude con una cena presso il ristorante “l’Olivastro” dove gusteremo una specialità locale, il “Maradham” ossia una pinsa fatta con sfoglia di pane di patata, molto apprezzata.

Al termine salutiamo Mario, il nostro impagabile tutor, che è rimasto a cena con noi, facendo i complimenti a lui e a tutti i ragazzi dello staff che si sono prodigati e ci hanno reso davvero un servizio eccellente.

 

È l’ultimo giorno. Ci vengono a prelevare Bruno e sua moglie con i due pulmini che ci porteranno a Cagliari, dove alla stazione depositiamo i bagagli. Fino all’ora di pranzo il gruppo si divide per una visita libera alla città. Nuovamente facciamo un pranzo abbondantissimo e pregevole, poi ci raggiunge un amico di Giovanni, Nanni De Giudici, Professore ordinario al dipartimento di scienze chimiche e geologiche dell’università di Cagliari dove insegna Mineralogia, che ci accompagna per una visita “guidata” per la città, illustrandoci con perizia monumenti e chiese. Facciamo anche una visita al museo di storia e archeologia, dove apprezziamo le vestigia delle varie civiltà che si sono succedute nell’isola. Si torna infine alla stazione dove prendiamo il treno che in meno di 10 minuti ci porta in aeroporto. Il volo dura anche meno del previsto e in breve riprendiamo le auto e ripartiamo alla volta di Verbania.

Naturalmente piove, quindi siamo costretti a salutarci frettolosamente, ma resterà impresso il ricordo di una settimana in cui abbiamo visto posti sorprendenti, conosciuto persone, mangiato e bevuto divinamente.